Sono state depositate le motivazioni della sentenza di condanna dei tre dirigenti di Google tratti a giudizio presso il Tribunale di Milano per il noto video vessatorio ai danni del ragazzo disabile, caricato da alcuni studenti sulla piattaforma di filesharing GoogleVideo/YouTube.
Vi segnalo il testo integrale della sentenza, pubblicato da L’Espresso, sul cui sito ove è possibile visionare anche alcuni interessanti documenti:
a) uno dei messaggi con cui un privato chiede la rimozione del video;
b) il messaggio di risposta automatica di Google;
c) il messaggio indirizzato a Google dalla Divisione della Polizia Postale presso il Ministero dell’Interno:
d) i messaggi interni di Google (vedi anche questo messaggio , quest’altro e quest’altro ancora);
e) la comunicazione della notizia di reato alla Procura della Repubblica.
Sul caso Google ero intervenuto molte volte su Information Society & ICT Law, seguendo dall’inizio l’intera vicenda.
Non mancherò di commentare la sentenza.
Fabio Bravo
Il 27 gennaio 2010 ci si aspettava l’ultima udienza del processo di primo grado pendente innanzi al Tribunale penale di Milano, sul caso Google / Vividown, con lettura del dispositivo.
Tuttavia, come appreso dal Collega Avv. Giuseppe Vaciago, uno dei difensori degli imputati, il giudizio è stato rinviato all’udienza del 24 febbraio 2010, a causa dell’astensione degli avvocati proclamata per lo scorso 27 gennaio.
Salvo altri imprevisti, all’udienza del 24 febbraio p.v., dunque, il Giudice, sentite eventuali brevi repliche della procura e della difesa, dovrebbe emanare la sentenza, con lettura del dispositivo in aula, differendo probabilmente il deposito delle motivazioni, come consentito dalla legge.
Non rimane che attendere.
Fabio Bravo
Nel celebre processo che vede contrapposto Google vs. Vividown innanzi al Tribunale penale di Milano è attesa per l’udienza di oggi (27/01/2010) la lettura del dispositivo della sentenza, leading case italiano in materia di responsabilità del provider.
Per chi volesse ripercorrere su Information Society & ICT Law le diverse fasi del processo a Google, che si è svolto a porte chiuse ( ed anche alcuni argomenti correlati), può leggere i diversi post che vi ho dedicato.
Merita essere ricordato che:
a) si è concluso anche il processo ai ragazzi autori delle vessazioni nei confronti del disabile, processati innanzi al Tribunale dei Minorenni. I reati ravvisati, tuttavia, per l’applicazione dell’istituto della messa alla prova, sono stati dichiarati estinti, come riporta la cronaca locale di Torino, città ove ha sede l’istituto in cui il video è stato girato:
i quattro responsabili di quelle violenze hanno superato la “messa alla prova” decisa dal Tribunale per i Minorenni, dopo aver prestato servizio in centri che si occupano di ragazzi con handicap. Ecco perché i reati di cui erano accusati (violenza privata, ingiurie, minacce) sono stati dichiarati estinti.
b) si apre un nuovo processo (ed è il terzo dopo quello ai ragazzi autori degli illeciti e quello ai dirigenti di Google). Infatti, innanzi al Tribunale di Torino, è stata rinviata a giudizio anche l’insegnante, che ha abbandonato l’aula, consentendo agli alunni rimasti privi di controllo, lo svolgimento dei fatti ormai noti. Come riportato da CronacaQui.it, edizione di Torino, nell’articolo del 15/12/2009, infatti,
“Dopo due richieste di archiviazione presentate dalla procura e altrettante opposizioni a quelle richieste avanzate dalla parte civile, il processo all’insegnante dell’Albe Steiner di Torino, colpevole di non aver impedito le violenze sullo studente disabile della III B, è finalmente approdato in un’aula di tribunale. La prima udienza del procedimento a porte chiuse nei confronti di Anna Mairino, ora in pensione, si è tenuta ieri mattina.
La donna è accusata di concorso omissivo in violenza privata e ingiurie (…).
La famiglia del ragazzino disabile si è costituita parte civile (…).
A rappresentare l’accusa in aula è il pubblico ministero Livia Locci. Il processo si svolge davanti al giudice Flavia Nasi, della quarta sezione penale”.
In tale articolo si precisa che
“(…) nei guai sarebbe finita anche l’insegnante Mairino, colpevole di aver lasciato la classe e di non aver impedito le violenze sul povero Francesco. Attraverso le immagini girate in aula – è la contestazione mossa all’imputata è infatti possibile constatare come l’insegnanti abbandoni la classe proprio nel momento in cui i bulli passano all’azione. Se Anna Mairino fosse rimasta al proprio posto, in aula – prosegue l’accusa -, le violenze ai danni di Francesco non si sarebbero probabilmente consumate. Da quando partono i primi insulti verso lo studente disabile – è ancora il punto di vista dell’accusa – trascorrono circa due minuti prima che l’insegnante abbandoni l’aula. Lei percepisce qualcosa, avverte le frasi indirizzate al povero Francesco. Ma anzichè intervenire in difesa del disabile, si allontana dalla classe”.
Fabio Bravo
All’udienza del 23 dicembre 2009 il c.d. “processo a Google” [che si sta celebrando presso il Tribunale di Milano sul noto caso relativo alla diffusione tramite GoogleVideo (YouTube) di un filmato riproducente le vessazioni perpetrate ai danni di un ragazzo disabile da parte dei prorpi compagni di scuola], ha visto la difesa rassegnare le proprie conclusioni, con il deposito di una memoria scritta.
Le tesi difensive, diramate dalle società del gruppo che opera sotto il marchio Google, ed i contenuti della memoria sono stati riassunti in un articolo di Giacomo Dotta su WebNews, dal titolo “Vividown vs Google, chiude la difesa“.
Sull’udienza del 23 dicembre 2009 è apparso anche un post dell’ADUC, da cui emerge, come ho avuto modo di rimarcare più volte, che uno dei punti più controversi risiede proprio nell’accertamento di merito in ordine alle modalità ed alla tempestività della rimozione da parte di Google del filmato incriminato.
Google (e la sua difesa) sostiene che la rimozione sia avvenuta immediatamente. La procura è di diverso avviso, ritenendo al contrario che la rimozione dei contenuti illeciti sia avvenuta dopo numerose segnalazioni.
E’ questo, lo ripeto, un passaggio importante per la definizione delle responsabilità dei providers ai sensi della normativa in materia di commercio elettronico (d.lgs. 70/2003, di recepimento della direttiva 2000/31/CE), la quale, tuttavia, fa salva l’applicazione della disciplina in materia di protezione dei dati personali.
I rilievi giuridici sollevati dal caso in esame sono comunque moltissimi e mi riservo di commentarli approfonditamente in una pubblicazione scientifica di più ampio respiro. Non mancherò tuttavia di anticipare alcune riflessioni in queste pagine, dopo la lettura delle motivazioni che accompagneranno la sentenza, con deposito che è facile prevedere non avvenga contestualmente.
La sentenza, con lettura del dispositivo, è attesa per l’udienza del 27 gennaio 2010.
Fabio Bravo
Commenti recenti